
Se n’è andato Massimo Marconi, alla vigilia dei suoi 80 anni. E’ stato il mio caposervizio, per un paio d’anni, nella redazione di Topolino in Mondadori. Massimo è stato, con Franco Fossati, il perno centrale delle sceneggiature di Topolino. L’uomo che ha rivoluzionato il modo di costruire le sceneggiature sulle storie Disney attraverso i suoi celebri personaggi. L’uomo che oggi, tutti i siti specializzati nell’editoria sui fumetti, descrivono come il “papà degli sceneggiatori itallani”. Ne ha scritte più di 500.
Io arrivavo dal fallimento di Retequattro (editore Mondadori) dove ero stato il primo telecronista sportivo della rete. Era il 1984 e la capa del personale di Segrate mi destinò alla redazione di Topolino, che aveva come direttore Gaudenzio Capelli, successore del leggendario Mario Gentilini. Quando Capelli, un gentiluomo milanese d’altri tempi, mi accolse nel suo ufficio mi disse: “L’affido (perché allora ci si dava del lei con il direttore, ndr) alle mani sapienti di Massimo Marconi”.
La ragione per cui Mondadori decise di destinarmi a Topolino era che io ero stato un giornalista sportivo ed eravamo alla vigilia del lancio di Topolino Sport, un mensile che doveva uscire per conto proprio in edicola e non allegato al settimanale. Una novità.
Marconi era un tipo alto, magro, con i baffetti, parlava tantissimo ma sorrideva anche. Quel primo giorno resta indimenticabile. Dal mattino alla sera, per una decina di ore mi spiegò il senso di Topolino, le ragioni di un successo mondiale, le responsabilità morali che la redazione aveva nei confronti dei suoi lettori, come si lavora sulle scneggiature. Fu la prima, e oggi dopo più di 40 anni, posso dire l’ultima volta che fui davvero felice di lavorare in un giornale.
Nei giorni successivi ci concentrammo su quel primo menabò e sulla copertina. Marconi era molto più che tifosissimo dell’Inter, io un ultrà della Juve. Fu quello, nel tempo, l’unico serio punto di attrito tra noi. Sulla copertina trovammo un compromesso e la dedicammo a Mark Hateley, quell’anno stella del Milan.
Massimo era buono di spirito e di animo. E lo capivo quando mi raccontava della sua numerosa famiglia. Il 13 gennaio del 1985 Milano fu sommersa da una nevicata impressionante, passata poi alla storia. La mia Peugeot, in via Maiocchi, rimase letteralmente sommersa, non avrei mai potuto raggiungere Segrate. Massimo mi telefonò a casa e mi disse: “Arrivo”. Con quasi un metro di neve sulle strade lo vidi spuntare dal fondo di viale Abruzzi. Guidava un vecchio pulmino Volkswagen e sorrideva. Gli chiesi perché un pulmino: “Eh, con tutti i figli che ho è il mio mezzo preferito. E poi non si fa sommergere dalla neve come la tua moderna Peugeot”.
Impiegammo quasi due ore per arrivare a Segrate. Ma nel frattempo Massimo aveva già immaginato, raccontandomela, una sceneggiatura, su quella eccezionale nevicata. Nei giorni successivi mi misi al lavoro di sera, a casa, e scrissi Topolino nel mondo degli Even. Dove even stava per neve, al contrario. Ero ai primi passi, e non so che fine abbia fatto quella sceneggiatura, perché Mondadori mi trasferì poco dopo in un’altra redazione.
Io Massimo lo ricordo così. Per il giornalista che è stato e per l’uomo buono che era. Con quanta nostalgia oggi, non sto nemmeno a dirlo.