
Ernesto Franco, scomparso quasi 9 mesi fa, fu direttore editoriale e direttore generale di Einaudi. In questa pagina l’editore ne traccia il ritratto umano e professionale. Ho letto in questi giorni “Sono stato”, il suo ultimo romanzo. Franco era genovese e a me gli scrittori liguri fanno strani effetti. Benefici, piacevoli, sentimentali. Come fu con Francesco Biamonti e il suo “L’angelo di Avrigue”. Franco era genovese, Biamonti di San Biagio della Cima, quattro case abbarbicate sulle montagne d’Imperia. Dunque, due Ligurie distanti e diverse, una a est e una a ovest, molto differenti. Quasi due regioni diverse.
Ma sia Franco che Biamonti scavano nelle cose che non vediamo, nei dettagli, in quello che ci sfugge per questa continua corsa a cui siamo obbligati dal nostro tempo. Nel libro di Franco, una sorta di raccolta di appunti, ritrovo molto luoghi e personaggi e ritratti di quella Liguria che noi piemontesi amiamo, perché ci assomigliamo per indole e per carattere.
Se non fossi nato a Torino mi saarebbe piaciuta Genova. Mio padre ci abitò da ragazzino per qualche anno. Mio nonno Ernesto Levi è sepolto al cimitero ebraico di Staglieno.
Questo romanzo è un filo della nostra storia che si dipana senza fretta. Leggerlo mi ha fatto bene. E’ breve, e per questo va gustato come uno Sciacchetrà di buona annata.