
Alla fine ha prevalso La Repubblica. Ho scelto di rinnovare ancora una volta l’abbonamento al mio mai rinnegato quotidiano preferito. Ero in scadenza, e qualche dubbio, con il passaggio della direzione da Molinari a Orfeo, mi era venuto. Avevo pensato ad un altro giornale, ma poi pensa e ripensa ci ho ripensato.
Molto criticata, soprattutto al suo interno, l’impostazione di Molinari al giornale, ha corrisposto in questi anni di abbonamento alle mie aspettative di lettore. Soprattutto in politica estera. La guerra che Hamas, con il favore di una consistente parte della popolazione civile, aveva dichiarato il 7 ottobre dello scorso anno a Israele era stata affrontata da Molinari seguendo la traccia più evidente, ma che una parte della stampa italiana fingeva di ignorare, e cioè che lo Stato ebraico non aveva altre alternative che rispondere con la forza ad Hamas, che ha, ancora oggi, un unico obiettivo: l’annientamento di Israele, la sua cancellazione dalla carta geografica del Medio Oriente.
Ecco, Molinari ha osservato questa terribile guerra dal punto di vista più chiaro. Un giorno la storia, che hai suoi tempi di riflessione, gli darà ragione. Allo stesso tempo però non ha ignorato mai che il conflitto ha superato i limiti di una guerra sconfinata in stragi di civili, là dove a morire sono donne e bambini. Il direttore di Repubblica, ugualmente, non ha mai evidenziato, esagerandoli, i numeri che questa guerra porta con sè. Quanti sono i morti civili? Una cifra che nessuno conosce, l’unica fonte accreditata è la stessa Hamas, che dei civili si fa scudo da un anno e che non esita a scarificare sotto i bombardamenti. E sappiamo bene quanto le fonti siano importanti nella professione di un giornalista. Dare credito ai terroristi Hamas è un errore di mestiere, utile soltanto a mettere sul banco degli imputati Israele, ed ad allargare la piaga dell’antisemitismo mascherato da antisionismo, quando tutti sanno che il Sionismo è il pilastro fondante dello Stato che ogni ebreo porta con sè.
Nel passaggio della direzione ad Orfeo ho notato qualche mutamento nella linea editoriale sulla conduzione della guerra. Orfeo, che è stato fino ad oggi un ottimo direttore, viene da una tradizione, diciamo, di medizione più marcata. Sull’allargamento del conflitto mi è parso, ma ovviamente è una opinione del tutto personale (d’altra parte questo è un diario di chi lo scrive) che questa Repubblica dimentichi che sono gli israeliani di Gerusalemme che i palestinesi vogliono cancellare. Dal Giordano al mare, ricordate? Insomma, ho letto un affievolimento nella presa di posizione politica rispetto alla direzione di Molinari.
Tuttavia, non ho notato, in questo mutamento di direzione, alcuna defezione nei componenti della redazione. I giornalisti, le firme che apprezzo, il lavoro degli inviati, i commentatori (memorabile la rubrica di Michela Serra che inveviva contro il nascente e sempre più radicato antisemitismo che questo conflitto ha generato). Lo stesso Molinari è ogni giorno in pagina. Quando ci sono cambi di direzione improvvisi, quelli che possono mica tutti (con i tempi che corrono), migrano in lidi che reputano più vicini alle loro idee di giornalismo. D’altra parte Orfeo ha avuto un alto gradimento dalla redazione, dunque la base è sempre al suo posto di lavoro.
Insomma, i giornalisti di ieri ci sono anche adesso. E siccome ho una sconfinata ammirazione per chi svolge questa professione, ho pensato che se ci sono ancora loro posso esserci ancora io, da lettore ed estimatore degli ideali che Repubblica incarna fin dalla sua nascita con Eugenio Scalfari.
Mi resta un dubbio. Che le voci di una cessione del giornale, sempre più insistenti ma per ora senza riscontri seri, sia possibile. Molto dipenderà dai piani di mercato che ha in mente John Elkann, il suo editore. Ne ho parlato spesso su questo blog. Ma qui entriamo nell’imponderabile, perciò per ora io resto.
Quello che sarà lo vedremo.