
Se tutto dovesse andare a rotoli, il ministro Gennaro Sangiuliano potrà sempre aprire il suo paracadute e tornare in Rai, azienda da cui dipende come giornalista, ora in aspettativa. Ma quanti altri giornalisti, in questi anni, si sono fatti sedurre dal potere e dalla politica? Tanti. Basterà ricordare (Today) i più noti, come Lucia Annunziata, Sandro Ruotolo, Marco Tarquinio, Michele Santoro, Lilli Gruber e Tommaso Cerno nel centrosinistra. Augusto Minzolini, Vittorio Feltri, Daniele Capezzone, Giorgio Mulè, Andrea Cangini, Andrea Ruggeri in quota alla destra. A suo tempo anche Walter Veltroni, ex direttore dell’Unità, s’immerse in politica, pur tra alterne fortune. Ma non si possono scordare tipi da cadreghino in Parlamento come Gian Luigi Paragone ed Emilio Carelli (ex Movimento 5 Stelle), gli stessi che suo tempo applaudivano le liste di proscrizione dei giornalisti compilate da Grillo. E ovviamente Giovanni Toti (ex direttore di Tg4 e Studio Aperto) arrestato nel corso di una inchiesta sulla Regione Liguria (della quale era presidente) e oggi, tornato il libertà, opinionista del Il Giornale, diretto da Alessandro Sallusti.
Infine, se Sangiuliano dovesse arrendersi all’evidenza dei fatti e dimettersi, pare siano già sulla pista di decollo per il ministero dei Beni Culturali Alessandro Giuli e Pietrangelo Buttafuoco, entrambi giornalisti filo Meloniani.
Questa trasmigrazione di ruoli avviene in ogni democrazia del mondo. Nessuna legge può impedire ad un giornalista di dedicarsi alla politica. E nel corso dei decenni moltissimi giornalisti si sono seduti in Parlamento. Ma le due professioni sono mondi molto diversi tra loro, in qualche modo opposti. I giornalisti dovrebbero essere i controllori del potere, affinché questo non abusi di privilegi in posizione dominante a danno della collettività. Questo entrare e uscire dal portone dei palazzi della politica inquina il rapporto tra chi la racconta e chi s’informa comprando i giornali. Tocca il delicatissimo tema informazione-lettori. Il rischio è che questi ultimi si disaffezionino alla lettura. Come evidenzia, tra l’altro, seppur dovuto ad una miriade di errori, il crollo in questi anni delle vendite dei quotidiani.
Tuttavia, è anche vero il contrario. Sangiuliano è apparso meno dannoso come ministro, che come propagandista politico alla guida del telegiornale di Rai 2. Speriamo che sulle sue dimissioni la premier Meloni ci ripensi e lo tenga dov’è.