
Sono 45 i giornalisti selezionati come finalisti per l’edizione 2024 del Premio Pulitzer. Di questi 5 hanno dichiarato di aver utilizzato l’AI in varie fasi del loro lavoro. I dettagli sull’entità dell’uso di questa tecnologia non sono ancora noti. Ma come scrive qui Punto Informatico: “il semplice fatto che sia stata impiegata rappresenta un momento storico per il giornalismo”.
Marjorie Miller, amministratrice del Premio Pulitzer, ha spiegato che “il comitato ha iniziato a discutere su come reagire all’intelligenza artificiale già all’inizio dello scorso anno. Nonostante inizialmente questa tecnologia fosse vista con sospetto, il consiglio di amministrazione ha deciso di adottare un approccio esplorativo, evitando di limitarne l’uso per non scoraggiare le redazioni giornalistiche dall’impegnarsi con l’innovazione”.
Per garantire la trasparenza, il Premio Pulitzer ha introdotto un nuovo requisito per tutti i partecipanti al concorso: devono condividere informazioni sull’eventuale uso dell’intelligenza artificiale durante il processo di ricerca, reportage o racconto delle notizie. Altri dettagli su questo utilizzo potrebbero essere resi noti l’8 maggio, quando saranno annunciati i finalisti e i vincitori.
Ora, una domanda: ma noi esattamente di che cosa stiamo discutendo, se addirittura il Premio Pulitzer accoglie lavori costruiti, per ora in parte, con l’intelligenza artificiale? Ci arrovelliamo su norme, regole, divieti su uno strumento potentissimo che abbiamo già in mano. Questa storia dell’AI ricorda tanto la nascita di internet. Ma cosa vuoi che duri? Diciamo, 30 anni? E gli editori non hanno ancora capito adesso come sfruttare la rete per vendere i giornali. E AI come sarà tra 30 anni? Ma cosa vuoi che duri? C’è tempo.
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