
La signora Selvaggia Lucarelli, sulla questione di cui si dibatte da giorni relativa al suicidio della ristoratrice presa di mira da un esercito di haters, ha riportato sul suo profilo Fb uno scritto del tuttologo professor Orsini (entrambi collaborano con Il Fatto Quotidiano) il quale difende sostanzialmente la posizione di Lucarelli e del suo compagno Lorenzo Biagiarelli, di professione food blogger, che hanno sollevato dubbi su tutta questa inutile (se non ci fosse di mezzo una donna morta) questione.
Orsini, nel suo testo, qualifica Lucarelli come giornalista. Io di solito non commento mai nessun post che non sia scritto da persone o colleghi che conosco. Questa volta l’ho fatto (qui sotto foto) per ricordare alla signora Lucarelli che non è una giornalista. E il qualificarsi come tale può generare quello che per legge si chiama “abuso di titolo” e pure “abuso di professione”.

Il mio commento ha, a sua volta generato una miriade di like e commenti che a loro volta hanno prodotto altre centinaia di opinioni.

Molte concordavano con me, altre sono stati veri assalti, la più edulcorata è questa.

Ora, io mi domando chi me lo ha fatto fare. Ma considerato che questa professione non vive i suoi anni migliori, come riportano altri commenti velenosi, mi sono sentito in dovere di ricordare a Lucarelli che questo è un mestiere serio, rigoroso il più delle volte, pieno zeppo di errori, ma che quello che si scrive o si dice è bene che sia condiviso anche all’interno di questa categoria che si riconosce nell’Ordine dei giornalisti e nel suo Consiglio di disciplina, nel rispetto delle norme che regolano la deontologia professionale.
Selvaggia Lucarelli non è iscritta all’Ordine (è stata pubblicista ma poi fu cancellata) perciò farebbe bene a mantenere fede alla sua qualifica di blogger o influencer o giudice delle gare di ballo, e non a esprimere concetti suoi come se fosse una giornalista.
Di tutto abbiamo bisogno, ma non di scatenarci contro gli haters dei social, che non leggono, non comprano giornali, non studiano, non sanno quello che dicono e si alimentano delle rispettive ignoranze.
Bravo, sottoscrivo ogni parola
Alla signora Lucarelli sono attribuiti un milione e mezzo di “seguitori”. Individui che leggono i suoi post che essa medesima utilizza. Potremmo dire “beata lei”. In particolare io, che di “seguitori” ne ho – nel migliore dei casi – 6 e mezzo. Il mezzo dipende da Pino che mi legge sempre da bevuto e quindi conta la metà. Il guaio di questo paese (dell’Europa? Degli Usa? Del mondo Occidentale?) non sono le opinioni della signora Lucarelli. E neppure che ci siamo 1,5 milioni di “altrimenti pensanti” che la seguono. Il guaio vero è che le persone per bene come, ad esempio Giorgio Levi, siano inevitabilmente costrette a commentare le opinioni di individividui come la Lucarelli. Invece di occuparsi di cose serie come, ad esempio, il corto muso di Allegri o la questione di quanti angeli possono stare su una capocchia di spillo. O tempora, o moretti?
Moretti. Commentare la Lucarelli però è una esperienza notevole. Si entra in un turbinio infernale dove ti arrivano centinaia di like e commenti che io fatico a metterli insieme in un anno. Qui li ho raccolti in tre ore. E’ impressionante pensare che ci sono milioni di persone che non solo commentano la titolare del profilo, ma anche altri che hanno a loro volta commentato e altri ancora, c’è una popolazione che abita i social come tutti insieme abitassero allo stesso tempo a Milano, Torino e Roma messe assieme, come fossero la loro stessa casa. E’ un mondo meraviglioso.