giorgio levi

Carla Vanni, una leggenda a metà

E’ in libreria Diario incompleto (di giornalismo e di moda) di Carla Vanni, leggendaria direttrice del settimanale di moda Grazia, che ha avuto per la sua lunghissima storia Mondadori come editore.

Il libro è stato curato da Egle Santolini, giornalista milanese. E’ scritto come Dio comanda, con un taglio a metà tra il saggio e il diario. In genere i cosiddetti curatori delle biografie ne sono anche gli autori materiali, perciò dietro questo stile di scrittura ci vedo benissimo la bella penna di Egle Santolini.

Nel mio Volevo essere Jim Gannon. Trent’anni di giornalismo dietro le quinte ho dedicato due capitoli alla mia permanenza a Grazia, nel tempo in cui Carla Vanni ne era direttrice. Anzi direttore, come preferiva.

Anni in cui non ebbi mai punti di contatto umani e professionali con lei. Scontri durissimi invece, quando fui eletto membro dell’esecutivo del comitato di redazione della Mondadori, che a metà degli anni Ottanta contava quasi 500 giornalisti. Avevo preso seriamente il mio compito e avevo subito condotto una lunga battaglia sugli articoli pubblicitari, mascherati da informazione. Pratica che, nel settore dei periodici femminili, era la norma. A nessuno veniva in mente che quella finta informazione potesse danneggiare i lettori e l’immagine stessa della serietà professionale dei giornalisti. Grazia era in prima fila.

Ho poi combattutto per difendere il diritto di sciopero e nel dovere di farlo rispettare. Nella battaglia di Segrate del 1989 tra De Benedetti e Berlusconi, per il controllo della Mondadori, Carla Vanni mi aveva messo in un angolo, perché aveva paura che un sindacalista cocciuto come me su certi principi potesse danneggiare il giornale. Lei parteggiava smaccatamente per Berlusconi. Alla mia richiesta di riunire i colleghi, senza la presenza partigiana del direttore, per decidere su uno sciopero, lei si era presentata all’assemblea con il tesserino da giornalista in mano. Ad ogni astensione dal lavoro convocava un gruppo di fedelissimi a casa sua per permettere al giornale di uscire lo stesso.

Quando Berlusconi divenne proprietario della Mondadori (illegalmente, come i tribunali stabiliranno anni dopo) il cavaliere, dopo aver inondato di rose le colleghe, invitò una gran parte della redazione a casa sua ad Arcore. Eccetto pochissimi. Come mi rivelò un dirigente, qualche anno dopo, ero stato inserito in un elenco di giornalisti comunisti. Dunque, per Berlusconi, ero un indesiderabile. Chi mi aveva segnalato per la lista dei cattivi? Non l’ho mai saputo con certezza, ma qualche idea negli anni me la sono fatta. Nel capitolo dedicato a Berlusconi, in veste di nuovo editore, Carla Vanni ha avuto, nel narrare in questo libro l’episodio, qualche amnesia. Alla domanda di Berlusconi: lei ha qualche comunista in redazione? Lei, dice oggi, di avere risposto: no. Ecco, forse non è andata esattamente così.

Insomma, è stata una faticosa avventura. La mancanza di empatia, di rispetto reciproco, perfino di solidarietà tra colleghi ha reso quel mio cammino ingiusto e molto duro. E penso di averlo ampiamente raccontato nel mio libro.

Questa biografia uscita ora narra tutt’altro, ovviamente. Vanni ha aperto una porta sul mondo della moda, e sulla Milano da bere degli anni Ottanta e Novanta, che poco si conosce. Un ottimo regalo per le prossime feste.

Ah, Giorgio Armani è l’unico stilista che a Natale ho visto entrare in redazione e andare ad omaggiare Carla Vanni, direttamente nel suo ufficio. Non Vanni da Armani, ma Armani da Vanni. Il numero uno del Made in Italy planetario non l’avrebbe fatto per nessun altra direttrice al mondo.

Ma Carla, beh Carla non era come le altre.

One thought on “Carla Vanni, una leggenda a metà

Lascia un commento