giorgio levi

La guerra è una brutta bestia. Ma qualche volta non ci ha fatto così schifo

Alle 13,50 del 20 aprile del 1945 l’artiglieria sovietica del 79º Corpo d’armata della 3ª Armata d’assalto apre per la prima volta il fuoco sul centro di Berlino. E’ l’assalto definitivo alla capitale, che cadrà sotto un fuoco impressionante pochi giorni dopo. La città è attraversata da cunicoli, voluti da Hitler. I sovietici sfondano le deboli linee tedesche e occupano la capitale. Il Terzo Reich è al suo epilogo. Berlino da quel giorno sarà vittimadi una delle più massicce operazioni di artiglieria di tutti i tempi. Si stima che in 10 giorni siano caduti sulla capitale tedesca quasi 2 milioni di proiettili. I civili cercano di rifugiarsi ovunque, nei tunnel in costruzione, nella metropolitana, nelle fognature. Sotto il Tempelhof, l’aeroporto voluto dal Fuhrer, ci sono 40 chilometri di tunnel su 6 livelli. Con tanto di gallerie ferroviarie e hangar per il rifugio dei caccia.

Alcune stime dicono che i militari sovietici si siano macchiati di 100 mila violenze sulle donne solo a Berlino e di 240 mila in tutta la Germania. Lo storico britannico Antony James Beevor lo ha definito il più grande stupro di massa della Storia.

Molti civili, donne e uomini, pur di non finire nelle mani dei russi, si suicidano. Nella Battaglia di Berlino più di 100 mila persone si tolgono la vita tra aprile e maggio del 1945. Il 30 aprile Hitler si uccide, il 2 maggio la firma della resa. L’inferno finisce, lasciando dietro di sé un mare di macerie, il 90% degli edifici raso al suolo o gravemente danneggiato, 22 mila civili morti e, nei mesi successivi, un numero altissimo di aborti, eredità degli stupri.

Questa cosa si chiama guerra. I cortei per la pace non portano da nessuna parte. Chi non vorrebbe la pace? Le guerre però ci sono, hanno morti militari e civili, come in Ucraina e ora in Medio Oriente. E orrori, come l’assalto dei palestinesi di Hamas, nei confini di Israele, con ammazzamenti, rapimenti, stupri, violenze sui bambini. Quell’assalto del 7 ottobre, che ha aperto le porte a questa guerra. Finirà, ma prima di chiuderla Israele dovrà essere ben certa che non si ripeta un’altra volta.

4 thoughts on “La guerra è una brutta bestia. Ma qualche volta non ci ha fatto così schifo

  1. 10 minuti fa sono entrato in un bar per comprare un superenalotto da 1 euro. Tempo di ritirare lo scontrino (o come cavolo si chiama) e mi sono dovuto beccare il commento del saputolo di turno. Un volto perfetto per una riedizione de “I Mostri” di Risi spiegava ad un paio di astanti peraltro abbastanza indifferenti che “Sono 50 anni che Israele massacra quel popolo”. Non ho dubbi su chi vincerà questa guerra. Temo però che Israele possa perdere ancora una volta la pace.

  2. questo è certo, ma non aveva scelta, o chinare la testa ai terroristi palestinesi, o scendere in guerra, per me ha fatto la cosa giusta, ma deve cercare di finirla in un tempo breve, guarda l’Ucraina, non importa più niente a nessuno e quelli sono entrati nella peggiore stagione dell’anno con i russi in casa, ma le guerre sono così, la gente non lo capisce, si alzano dal divano per tenere una fiaccola in un corteo della pace, senza nemmeno sapere una riga di storia.

  3. “Israele dovrà essere ben certa che non si ripeta un’altra volta”.
    Non capisco, sinceramente, che cosa si voglia intendere con questa frase.
    E in particolare: qual’ è il soggetto, di questa frase?
    Il soggetto è lo stato di Israele – cioé uno stato che giudichiamo democratico (anche se qualche tratto non proprio democratico ce l’ha: per esempio non riconosce nozze che non siano celebrate secondo il rito ebraico quindi chi vuole un matrimonio laico deve sposarsi all’estero)?
    Lo stato di Israele, soggetto maschile, è uno stato democratico con tutti i limiti delle democrazie.
    Oppure la frase ha un’altro soggetto, femminile, ovvero la nazione di Israele? Cioé parliamo di una realtà statale – umana e fallibile – o di una realtà di altra natura e concezione? Identitaria, fideistica (con perfino qualche assonanza con l’idea di nazione della nostra premier) capace di compiere azioni sovrumane come quella di por fine alla guerra in modo tale “che non si ripeta un’altra volta”? Posto che nessuna autorità statale, mai, nella storia dell’umanità, è stata capace di porre fine alla guerra in modo tale “che non si ripeta un’altra volta”, credo che questo tipo di affermazioni – come tutte quelle che contemplano l’espressione “mai più” – non siano ragionevoli in una discussione razionale. L’unica cosa possibile in una situazione di guerra come quella che oppone da molti decenni israeliani e palestinesi credo sia cercare una pace onorevole che riesca gradualmente, con azioni massiccie, coerenti, sostenute e di lunga durata, a disinnescare l’odio che pure ha radici profonde e nasce da alcune situazioni di fatto che se pure non vorremmo più, sostanzialmente, modificabili – pure sono ingiuste.
    Prendo a prestito le parole del maestro Daniel Baremboim (contenute in una lettera del 15 ottobre scorso pubblicata da Repubblica) per chiarire cosa intendo per “Ingiuste”
    “Per ribadire con chiarezza: il conflitto israelo-palestinese non è un conflitto politico tra due Stati per i confini, l’acqua, il petrolio o per altre risorse. È un conflitto profondamente umano tra due popoli che hanno conosciuto la sofferenza e la persecuzione. La persecuzione del popolo ebraico nel corso di 20 secoli è culminata nell’ideologia nazista che ha ucciso sei milioni di ebrei. Il popolo ebraico coltivava un sogno: una terra propria, una patria per tutti gli ebrei nell’attuale Palestina. Ma a questo sogno seguiva un presupposto profondamente problematico, perché fondamentalmente falso: una terra senza popolo per un popolo senza terra. In realtà, la popolazione ebraica in Palestina durante la Prima guerra mondiale era solo il 9%. Il 91% della popolazione non era quindi ebraica, ma palestinese, cresciuta nel corso dei secoli. Il Paese non poteva certo essere definito una “terra senza popolo” e la popolazione palestinese non vedeva alcun motivo per rinunciare alla propria terra. Il conflitto era quindi inevitabile, e dal suo inizio i fronti si sono solo ulteriormente induriti nel corso delle generazioni. Ne sono convinto: gli israeliani avranno sicurezza quando i palestinesi potranno provare speranza, cioè giustizia. Entrambe le parti devono riconoscere i loro nemici come esseri umani, e cercare di entrare in empatia con il loro punto di vista, il loro dolore e la loro sofferenza.”
    Da qui bisogna ripartire. E non coltivare atroci illusioni che qualcuno possa agire – e sia legittimato ad agire – per poter far pace “una volta per sempre”.

  4. guardi, è molto più semplice, quella frase è riferita alla guerra che “non si ripeta mai più”. Per quanto riguarda la terra quella è la terra d’Israele, vada dietro di un paio di post e lo capirà. Io non credo affatto all’odio tra musulmani ed ebrei, in Israele vivono e lavorano (molti in posti di assoluta responsabilità) migliaia di palestinesi. Sono ingegneri, medici, informatici, alcuni sono deputati alla Knesset. Lei se lo immagina un ebreo a Gaza? Aggiungo che negli ospedali all’avanguardia di Tel Aviv trovano cure e conforto decine di bambini della striscia di Gaza, che stanno in Israele tutto il tempo necessario con le loro famiglie. Perciò, non raccontiamoci balle i palestinesi di Gaza non vogliono nessuna pace, prendono da 50 anni montagne di quattrini dalle organizzazioni internazionali dell’Occidente e comprano armi sempre più raffinate per distruggere lo Sato d’Israele, obiettivo per altro esplicito nella loro costituzione.

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