giorgio levi

Nel 2023 l’Italia ha versato 18 milioni di euro nelle casse di Gaza. E quasi 700 sono arrivati dall’Ue. Che cosa ne ha fatto Hamas di questo fiume di denaro?

L’impressione generale è che Hamas si abbeveri al fiume di denaro che arriva ogni anno nelle sue casse per comprarsi armi e far crescere un esercito di terroristi pronti a sgozzare nel nome di Allah l’intera popolazione d’Israele. Chi è stato nella striscia sa benissimo che case per il popolo, ospedali e scuole sono elementi urbani rari, se non quasi inesistenti.

Tutti ricordano che Arafat non impiegò che pochi dollari a favore della sua popolazione dall’enorme afflusso che gli arrivava negli anni Novanta, dopo gli accordi di pace con Rabin. Una consistente parte di quel denaro gli serviva per comprare armi, il resto se lo intascava. Come si dimostrò alla sua morte, quando la moglie ebbe accesso alla banca di Zurigo, dove suo marito aveva accumulato denaro e lingotti d’oro. E che serivirono a lei per vivere nel lusso in una villa di Parigi.

Ora il dubbio è leggittimo. Se non vengono utilizzati per costruire scuole e togliere dalla miseria i palestinesi depositati nei campi profughi, dove sono finiti i 18 milioni che l’Italia ha già versato? Sull’acquisto di armi ci sono sospetti, ma non certezze. A quanto pare buona parte di quel denaro entra nel giro della corruzione, che a Gaza è lo sport più praticato.

L’Unione Europea due giorni fa aveva annunciato il blocco dei finanziamenti. Poi è tornata sui suoi passi e con un comunicato stampa ha corretto il tiro e ha dichiarato che sarà “avviata una revisione urgente dell’assistenza dell’Europa alla Palestin”.

Il business Gaza ha inizio il 13 settembre 1993. E precisamente sul prato della Casa Bianca dove, la stretta di mano tra il primo ministro israeliano Yitzhak Rabin e il leader palestinese Yasser Arafat, benedetta da Bill Clinton, sancisce la nascita dell’Autorità Nazionale Palestinese. Obiettivi: creare un organismo politico per amministrare temporaneamente i territori di Gaza e della Cisgiordania e collaborare alla lotta al terrorismo al fine di creare le condizioni favorevoli alla nascita di uno Stato palestinese indipendente.

Ed è qui, con l’Accordo di Oslo ratificato alla Casa Bianca, che inizia il finanziamento internazionale per lo sviluppo economico della Cisgiordania e della Striscia di Gaza. Secondo i dati dell’Ocse gli aiuti ai palestinesi ammontano a 40 miliardi di dollari erogati tra il 1994 e il 2020. Soldi per infrastrutture, sicurezza idrica, istruzione, sanità. La maggior parte degli aiuti, quasi il 72%, proviene da dieci donatori. Tra i principali finanziatori dei territori palestinesi ci sono l’Unione Europea che ha contribuito per il 18,9% sul totale dei fondi erogati. L’Italia si posiziona fuori dalla top 10, il suo contributo incide per l’1,6% sul totale dei soldi erogati alla Palestina.

Il progetto di pace inaugurato dagli Accordi di Oslo è fallito subito. Il 4 novembre 1995 l’assassinio del Primo Ministro Yitzhak Rabin, da parte di un militante della destra estremista sionista contraria agli accordi di Oslo, segna la fine delle speranze di pace nate da quella stretta di mano. Da quel momento la spirale di odio entro la quale convivono i due popoli continua a crescere. L’esito è davanti ai nostri occhi con la guerra scoppiata il 7 ottobre 2023 tra Hamas e Israele.

In tutti questi anni i soldi sono tuttavia sempre transitati nelle casse di Ramallah, città palestinese situata in Cisgiordania che rappresenta di fatto la capitale dello stato di Palestina. E in più occasioni l’Europa è stata accusata di finanziare il terrorismo anti israeliano.

Ma allora perché i soldi continuavano a fluire? Va specificato che dal 1994 praticamente ogni anno l’erogazione veniva bloccata. I fondi congelati e i beneficiari passati al setaccio. E poi i dispositivi e i nomi dei progetti di finanziamento mutati mentre venivano introdotti sistemi a duplice chiave sempre più raffinati per l’esborso dei pagamenti. Prevedendo, cioè, l’autorizzazione sia dell’Europa sia dell’Anp e sempre sotto presentazione dei necessari documenti giustificativi. Nonostante questi accorgimenti le fughe di denaro non hanno mai cessato di verificarsi. Da qui i sospetti sull’uso reale di queste montagne di quattrini, che non hanno risolevvato di un millimetro le condizioni economiche della popolazione.

Ieri l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Joseph Borrel ha detto: “Nessuno stop ai finanziamenti, danneggerebbe i palestinesi e rafforzerebbe i terroristi”.

Ammesso che esista una distinzione tra terroristi di Hamas e palestinesi, come hanno dimostrato le migliaia di dimostranti che hanno inneggiato ad Hamas nelle piazze di mezzo mondo. Io non ho sentito una sola espressione di solidarietà ad Israele, che ha avuto bambini sgozzati, in nessun luogo del mondo arabo. E tanto meno da parte di esponenti musulmani in Europa e in Italia.

Credits

I dati sono di TrueNumbers

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