
Trasloco imponente a Segrate. La redazione del settimanale Grazia lascia lo storico Palazzo Niemeyer. La testata è stata ceduta, come da comunicato del gennaio scorso “con attività editoriali cartacee e digitali delle testate Grazia e Icon nonché del relativo network di licenze internazionali. L’esecuzione dell’operazione si è articolata attraverso il conferimento del ramo di azienda relativo alle attività oggetto di cessione a una società di nuova costituzione e la contestuale cessione a Reworld Media del 100% del capitale sociale della società conferitaria”.
E’ la fine di un’epoca. E’ anche la fine di una leggendaria storia giornalistica di Mondadori. A Segrate restano Chi (per ora) e le attività legate all’editoria libraria. Uno spazio enorme che andrà, per ragioni economiche, ridimensionato in una sede diversa da Palazzo Niemeyer. Forse c’è chi pensa addirittura un ritorno a Milano, dove tutto era iniziato. Si vedrà.
Ho soggiornato a Grazia negli anni Ottanta, con contrasti durissimi con la direttrice Carla Vanni. Ne ho parlato a lungo nel mio libro Volevo essere Jim Gannon. Qui riporto il capitolo del giorno in cui la direttrice Carla Vanni m’incarica d’intervistare Paolo Pillitteri, cognato di Craxi, e a quel tempo sindaco di Milano. Imperavano i socialisti in quella Milano da bere, ben sostenuti da una gran parte della stampa. Come dimostra questa minuscola vicenda.
L’aria di Pillitteri
Il soggiorno a Grazia è andato in rapido declino, la Vanni è sempre sospettosa con me, il vice Putti, perfetta sua spalla, mi affida una rubrica settimanale il cui tema è la salvaguardia dell’ambiente. Bene, sono contento. La rubrica è mia, non ho apparenti imposizioni, posso scegliere gli argomenti e anche scriverli, e soprattutto avere una rubrica personale è un segno distintivo all’interno della redazione.
Insomma, per essere che sono stato messo in un angolo questo mi sembra un passo avanti. La rubrica s’intitola “Sos Terra”. Decido di partire con una intervista al sindaco di Milano, che in quell’anno è Paolo Pillitteri, socialista e cognato di Bettino Craxi. Argomento: l’inquinamento urbano. Lo dico a Putti che lo dice alla Vanni. Per qualche giorno cala un gelo sospetto sulla mia rubrica. La Vanni è la giornalista milanese con simpatie socialiste note. La moda, gli stilisti, l’intero mercato del fashion ha il marchio socialista. Sono gli anni Ottanta, è la Milano da bere.
Lo Spazio Krizia è al centro di questa furia mangia tutto. Della mia intervista non so più nulla per giorni. Nel primo numero della rubrica ci metto la deforestazione dell’Amazzonia, che va sempre bene. Un pomeriggio sento l’amichevole e curiale mano di Putti battermi su una spalla: “Vai Giorgio, l’intervista è tua”.
Telefono all’ufficio stampa del Comune, una solerte collega s’impegna a contattare Pillitteri. Poche ore e mi richiama: “Domattina a Palazzo Marino alle undici”.
Il giorno dopo quando esco dal mio buco per andare in comune soffia un vento impetuoso, di quelli primaverili, si vedono persino le montagne, una rarità per Milano. L’attesa per parlare con Pilli è breve. Mi viene incontro e mi apre la porta del suo ufficio. È un uomo gentile e sorridente, ci sediamo su un divano, dalle finestre si vede il profilo della Scala. Ho preparato dieci domande, ne faccio una:
“Signor sindaco, Milano soffoca, l’inquinamento è a livelli record, che cosa si può fare?”.
“A me lo chiedi?”.
“Beh, non c’è nessun altro qui…” dico guardandomi intorno.
Pilli sorride, sono arrivati due eccellenti caffè, la segretaria gli passa un paio di telefonate, si alza e si risiede. L’insonorizzazione di questo ufficio è formidabile, i rumori del traffico arrivano ovattati. Pilli si avvicina ad una delle finestre e mi dice: “Guarda che giornata, che meraviglia, Milano è uno spettacolo”. Apre la finestra e uno sbuffo di aria gelida rompe il caldo dell’ufficio.
Dico: “Mica sempre è così”.
Pilli richiude e serra bene l’imposta: “Che vuoi farci? È una grande città, aspettiamo che arrivi l’aria”.
Capisco che l’intervista sta per finire, Pilli sa che sono un giornalista innocuo della Vanni. Prende un’altra telefonata che ha tutto l’aspetto di essere concordata, mi guarda desolato: “Scusami, ma è una giornata terribile, ho tremila riunioni e sono già in ritardo”. Mi stringe la mano e mi dà una pacca sulle spalle. La segretaria viene a riprendermi e mi accompagna all’uscita.
Torno in redazione e racconto a Putti del mio incontro con il sindaco. Gli dico che vorrei scriverci un pezzo e gli propongo il titolo: “Milano inquinata? Mai quando c’è il vento”. Per un po’ di giorni non ho risposta, nel numero della rubrica di quella settimana ci metto lo scioglimento dei ghiacci in Alaska e la settimana successiva la fine dei castori in Canada. Al quarto numero Putti mi scivola a fianco e mi sussurra: “Il direttore pensa che per il momento di sospendere la tua rubrica. Ci sono le sfilate di moda e la foliazione non è sufficiente a contenere tutto. Pensa che sospendiamo anche quella sui libri!”.
Del mio Sos Terra non avrò più notizie, la rubrica non verrà mai più ripresa e il direttore non mi darà mai alcuna spiegazione.